Stilisti che hanno fatto la storia: Elsa Schiaparelli

Ciao a tutte e tutti, come state?

Sto approfondendo la storia della moda moderna e degli stilisti per lavoro, e mi è venuta l’idea di raccogliere qui quello che sto studiando e leggendo.

Inauguriamo quindi oggi una nuova rubrica sugli stilisti del secolo passato con un’esponente molto importante. E che ha dato il nome ad una particolare sfumatura di rosa: Elsa Schiapparelli.

Pronti? Allora partiamo!

Biografia

Elsa Schiaparelli nacque il 10 settembre 1890 a Palazzo Corsini a Roma, da madre (Giuseppa Maria de Dominicis) di origine napoletana e da padre (Celestino Schiaparelli) proveniente da una famiglia di intellettuali piemontesi. Lo zio era il famoso astronomo Giovanni Schiaparelli e il cugino l’egittologo e senatore Ernesto Schiaparelli.

Elsa si dedicò agli studi di filosofia sognando di diventare poetessa. La famiglia però era ostile alle sue aspirazioni poetiche quindi venne mandata in un convento della Svizzera tedesca. Nel 1913 partì per Londra per occuparsi di bambini orfani.

Lì conobbe il conte William de Wendt de Kerlor, che sposò, all’inizio del 1914. La coppia si trasferì prima a Nizza e poi a New York. Nel 1920 nacque loro figlia, Maria Luisa Yvonne Radha detta “Gogo”. Il matrimonio si rivelò però fallimentare e la Schiaparelli chiese il divorzio nel 1922, rimanendo sola con la figlia, che si ammalò di poliomielite. Per mantenersi e ritornare in Europa, in questo periodo si trovò a collaborare con antiquari commerciando oggetti d’arte. Durante la prima guerra mondiale, a New York, Elsa conobbe e poi iniziò a frequentare gli artisti dell’avanguardia dadaista. Artisti del calibro di Francis e la moglie Gaby Picabia, che le fecero conoscere il fotografo Man Ray e Marcel Duchamp. Con i Picabia decise poi di tornare a Parigi, ospitata da Gaby Picabia. Dopo un periodo di povertà, la figlia venne mandata in un collegio a Losanna.

L’incontro con l’ambiente della moda

È stato a Parigi che Elsa Schiaparelli ebbe il suo primo contatto con l’ambiente della moda dell’epoca. Durante una passeggiata con l’amica americana Blanche Hays visitò la casa di moda dello stilista Paul Poiret. Poiret le regalò un cappotto, per lei troppo caro, affermando «lei potrebbe indossare qualunque cosa in qualunque posto».

A questo punto Elsa divenne allieva di Poiret, che le fece creare dei modelli. Cominciò a vendere le sue creazioni a piccole case di moda e nel 1925 divenne per breve tempo la stilista di una di esse, la Maison Lambal. Poi venne respinta la sua richiesta di assunzione all’atelier Maggy Rouff. Allora iniziò a lavorare, nel 1927, nel suo appartamento in rue de Seine, realizzando pullover neri decorati con disegni bianchi trompe-loeil; il suo lavoro fu ben accolto e suscitò l’interesse dei magazzini Strauss, negli Stati Uniti.

Elsa Schiapparelli è stata determinante nello sviluppo e utilizzo del maglione. Fino ad allora era considerato un indumento a uso puramente pratico per la campagna, perché privo di forma. L’idea però le venne da una donna americana che indossava un maglione che non appariva privo di forma. Ma era realizzato con fili di due colori: un secondo filo di lana di un colore contrastante con quello del primo risultava inserito ogni quattro o cinque punti.

Questo maglione era stato cucito a mano da una donna armena, Aroosiag Mikaëlian detta “Mike”. Aveva un piccolo laboratorio artigianale con il fratello e altre lavoratrici a maglia e che subito iniziò a collaborare con Elsa. Quest’ultima ideò il maglione a “doppio nodo” con collo a V e un doppio nodo sul collo disegnato in trompe-l’œil, che fu poi realizzato da Mikaëlian. Illustrato e commentato su Vogue nel dicembre 1927, è stato poi venduto. E imitato dai produttori di massa negli Stati Uniti, dopo aver suscitato l’interesse di un commerciante della ditta newyorkese Abraham & Straus, che glielo ordinò subito.

L’espansione

A causa della gran richiesta, nel 1928 trasferì l’attività in rue de la Paix chiamandola Schiaparelli – Pour le sport. Tra i primi lavori con questa firma vi sono maglioni tatuaggio, pullover con riproduzioni delle ossa umane, costumi da bagno in jersey e accessori. Fra le decorazioni comparivano anche papillon colorati a trompe-l’oeil, righe, motivi geometrici, tatuaggi marinari, tartarughe e pesci, con colori accesi e contrastanti. Questi soggetti erano, secondo la monografia di Dilys E. Blum adatti alla donna dell’epoca, «dinamica e spregiudicata».

Nel 1929 realizzò prodotti innovativi dal punto di vista dei tagli, ad esempio quelli aerodinamici. E dei materiali, con la creazione di borse di metallo e gli abbinamenti della lana con seta, gomma o pelle. Fra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30 si dedicò soprattutto all’abbigliamento sportivo con motivi geometrici e linee agili, in linea con la moda dell’epoca. Ma anticipando il suo stile di fine anni ’30 con i forti contrasti di colore, l’uso moderno di tessuti anche sintetici, l’applicazione di cerniere e i gioielli eccentrici. Un esempio è la collana Aspirin disegnata dalla scrittrice Elsa Triolet. Le creazioni di Schiaparelli ebbero successo sia a Parigi che a New York.

Cambio di nome

Nel 1932 la maison prese il nome di Schiaparelli – Pour le sport, pour la ville, pour le soir e si allargò la sede, che ospitava più ottocento dipendenti in rue de la Paix a Parigi, con un totale di otto atelier estesi su diversi piani.

Nel 1933 Schiaparelli aprì anche una boutique a Londra e la ditta arrivò a New York con l’apertura di nuovi uffici. L’espansione americana la portò ad essere protagonista della copertina della rivista Time nel 1934, diventando la prima stilista donna a comparire su di essa. Nella seconda metà degli anni ’30 erano dipendenti della maison più di quattrocento sarte.

Schiaparelli aprì a place Vendôme una sezione del negozio dedicata agli abiti pret-a-porter già pronti, innovativa nella Parigi dell’alta moda. Fu anche la prima a creare collezioni basate su un tema unico, con titoli come Stop, Look and Listen (estate 1935), Neoclassica (inverno 1936-37), Fondo del mare (primavera 1938), Il circo (estate 1938) e tante altre.

Le presentazioni delle collezioni non erano semplici sfilate, ma veri e propri spettacoli. Con trucchi, musica ed effetti di luce, e attiravano gli spettatori al pari del teatro e embrava di esere proprio lì.

clienti celebri

Fra le più assidue frequentatrici della boutique troviamo Wallis Simpson, Marlene Dietrich, Katharine Hepburn, Greta Garbo, Lauren Bacal, Gala Dalì, Nusch Eluard, Vivien Leigh, Ginger Rogers, uliette Gréco e Mae West.

Un’altra affezionata cliente straniera è stata l’attrice e arredatrice statunitense Elsie deWolfe. Fu lei che nel 1938 organizzò un ballo in maschera, chiamato Circus Ball, per cui Schiaparelli disegnò i costumi. Fece storia. Da qui, Elsa realizzò costumi per vari altri balli in maschera che erano molto di moda. All’epoca erano comuni a Parigi quelli a tema orientale, per cui creò turbanti e mantelline. La stilista si ispirava alla maharani Sita Devi (nota come principessa Karam) dello stato indiano del Kapurthala, che visitò Parigi nel 1934. Creò una collezione di ispirazione indiana che comprendeva abiti simili a sari abbinati a sciarpe che si potevano portare lungo il corpo o avvolte attorno alla testa.

Tra i balli per cui Schiaparelli disegnò i costumi vi è il “ballo orientale” del 1935 di Daisy Fellowes, che divenne di fatto sua modella portando i suoi prodotti più eccentrici. Elsa Schiaparelli le forniva vestiti gratis in modo da farsi pubblicità attraverso le sue apparizioni in giornali e riviste. La già citata modella statunitense Bettina Bergery invece divenne l’assistente di Elsa. Oltre che curatrice della versione francese della rivista Vogue, dal 1935 al 1940, progettando le vetrine della boutique a fine anni ’30.

Teatro e cinema

Negli anni ’30 Schiaparelli mantenne i contatti con industrie di moda britanniche e statunitensi; vendeva agli importatori abiti da usare come modello e collaborava con designer tessili e di accessori. Si recò spesso negli Stati Uniti. Lavorò anche come costumista per il teatro e per il cinema; il suo lavoro più notevole in questo campo è il costume di Mae West nel film del 1937 Every Day’s a Holiday. Tra le creazioni iconiche della stilista in questo periodo (1937) c’è il cosiddetto abito aragosta, che fece subito scalpore. Il vestito è molto semplice ma stretto in vita da una fascia color aragosta, e presenta nella parte della gonna un grosso disegno dell’animale. Qui molti hanno visto uno spiccato richiamo alla sfera sessuale femminile e una forte influenza dell’arte surrealista di Dalì.

Abito aragosta, foto luxgallery.it

La storia è ancora lunga, e per il momento ci fermiamo qui, non voglio annoiarvi.

La seconda e conclusiva parte la trovate nel prossimo articolo, promesso!

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