

Bentornati nel mio blog, come state? Oggi parliamo di pelle e affini: ne abbiamo già parlato in qualche post su IG, ma questo è il posto ideale per approfondire un po’. Prometto, però, di non essere pesante.
Iniziamo dalle definizioni:
Ecopelle: è un tipo di cuoio, o comunque pelle animale, a ridotto impatto ambientale che soddisfa i requisiti previsti dalla norma UNI 11427:2011 Cuoio – Criteri per la definizione delle caratteristiche di prestazione di cuoi a ridotto impatto ambientale. Suoi sinonimi sono pelle ecologica, ecocuoio, cuoio ecologico, pelle a ridotto impatto ambientale, ecoleather.
È un temine che è stato introdotto a partire dagli anni Novanta, ed è il tentativo di ricercare materiali alternativi al cuoio, a ridotto impatto ambientale. È conosciuta anche con il nome di ecocuoio e pelle ecologica.
Però, quando questo termine è stato adoperato per la prima volta, designava un materiale artificiale simile alla pelle ottenuto da polimeri derivati dal petrolio. Per capirci, simile alla plastica e non ecologico. Tuttavia, questo non è il significato attuale del termine ecopelle, con il quale oggi si intende una pelle animale lavorata nel rispetto della pelle, che va distinta dalla vera pelle che ha un livello qualitativo più pregiato.
Pelle: è il materiale ricavato dalla pelle degli animali la quale, in seguito a un processo denominato “concia” viene resa imputrescibile. Viene conciato con prodotti chimici e ne risulta un materiale costoso e pregiato, grazie alla sua capacità di durare nel tempo.
Similpelle: detta anche finta pelle o vinilpelle, è una pelle sintetica e può essere un tessuto impregnato/spalmato con resine poliuretaniche (chiamata commercialmente pelle PU) o completamente sintetico (senza supporto in tessuto), che può avere un aspetto simile alla pelle naturale o al cuoio, un aspetto tecnico, una fantasia e si presta molto alle personalizzazioni. A volte sono imitazioni talmente ben fatte che ad occhio le si distingue solo dal prezzo!
Detto ciò, perché scegliere la vera pelle?
La pelle ha caratteristiche di resistenza e soprattutto igieniche molto elevate che lo rendono particolarmente adatto alla produzione di molti oggetti e accessori di uso comune.
Vi sarete sicuramente accorti, indossandole, che le calzature in cuoio favoriscono la traspirazione e quindi evitano lo sviluppo di funghi, muffe e altre patologie della pelle. Inoltre evitano patologie del del piede prodotte dal ristagno di umidità all’interno della calzatura.
Stessa cosa per altri capi destinati all’abbigliamento umano. Si dice, infatti, che la vera pelle “respira” cioè si lascia attraversare dal vapor acqueo e dalla condensa emanato dal corpo umano.
Inoltre la sua struttura fa si che abbia anche proprietà termoisolanti, particolarmente utili nella stagione invernale. Viceversa, ha una buona conduttività elettrica e quindi, ad esempio, l’uso di calzature in cuoio evita la sgradevole sensazione di “scossa elettrica” proprio perché viene garantito l’equilibrio elettrico dell’organismo.
Infine è molto durevole, e ci vuole un bel po’ prima che diventi un rifiuto.
E perché no?
Si ricava soltanto dagli animali: bovini, caprini, ovini e suini. E, sebbene quindi si recuperino scarti di produzione dell’industria del macello a scopo alimentare, ovvero la pelle grezza degli animali, si tratta comunque di sfruttamento animale. Anche se viene utilizzato tutto l’animale, per chi segue uno stile di vita vegano non è compatibile. Inoltre gli allevamenti intensivi da cui derivano questi pellami sono, appunto, intensivi e quindi ad elevato impatto ambientale.
Anche la concia lo è, sia essa meno impattante quindi ecologica o vegetale, o tradizionale da cui si ricava il cuoio.
Allora meglio la similpelle?
Ni. La similpelle è amica di chi vuole tutelare gli animali, ma è pur sempre plastica alla fine. Rimane facile da pulire, è idrorepellente, facile da cucire e da lavorare perché è in formato di rotolo e non di pelli che sono spesso piccole e con difetti da scartare. Quindi si lavora più velocemente. Ed è più leggera del cuoio.
Non è biodegradabile ed è anche poco durevole. Capi e accessori realizzati in questo materiale tendono a screpolare in superficie dopo qualche anno, rendendo il capo inutilizzabile. E quindi da buttare. Ed essendo un polimero non è biodegradabile ne riciclabile.
Infine, purtroppo non ha le caratteristiche igieniche, di traspirabilità e comfort della vera pelle.
Menzione d’onore: la concia vegetale.
La concia al vegetale è un tipo di concia che prevede l’uso di materiali presenti abbondantemente in natura come i Tannini vegetali, ricavati da alberi di betulla, quebracho, quercia e castagno (ma anche Mimosa , Noce di Galla , Sommacco ecc.).
Tutto inizia nella preistoria, quando l’uomo capì che per trasformare una pelle putrescibile in una non putrescibile e facilmente lavorabile era necessario intingerla in una soluzione solubile che trasformasse la pelle dell’animale in cuoio: I Tannini.
Il fatto che i Tannini siano facilmente reperibili in natura ed il loro costo di preparazione per l’utilizzo conciario relativamente basso, ha fatto sì che questo tipo di concia si preservasse nel tempo, fino ad arrivare ai nostri giorni.
L’antico processo di concia ai tannini non è molto differente da quello attuale.Gli unici prodotti necessari per tale lavorazione al vegetale sono: calce, acqua e tannini vegetali. Questi elementi venivano mescolati nelle giuste quantità, le quali erano variabili a seconda della tipologia di pellame che si voleva ottenere. Poi introdotti in grandi vasche dove venivano calate le pelli e lasciate “a mollo” per un periodo che va dai 30 giorni a tre mesi. Alla fine di questo lungo periodo, i pellami, da pelli putrescibili subivano una metamorfosi, diventando cuoio, venivano successivamente rimossi dalle vasche e lavorate all’ingrasso per ottenere un ottimo cuoio finito.
Allora cosa scelgo?
Al momento una vera soluzione non c’è, soprattutto se sei vegan. La similpelle non è violenta ma inquina in produzione e quando diventa rifiuto. La vera pelle risolve questi problemi ma deriva da un animale…una soluzione può essere acquistare usato. Oppure da artigiani che lavorano i pellami di scarto delle grandi aziende. Spesso queste pelli non sono brutte, ma vengono scartate perché hanno piccoli difetti in punti che, per evitarli, rallentano la produzione. E quindi viene scartata l’intera pelle. Un po’ come succede con i tessuti di stock che uso io.
Infine, ci sono nuovi prodotti emergenti, derivati da funghi o scarto dell’industria delle mele, ma sono ancora molto rari e costosi.
Noi però li attendiamo fiduciosi, sarebbero un bellissimo compromesso, vero?
Al prossimo post!