Guerra e moda: come ha cambiato il nostro armadio

La moda da sempre viene influenzata da quello che accade nel mondo, segue l’evolversi degli eventi storici e anche della società, e si adatta ad essa.

È inevitabile quindi che venga anche influenzata dai conflitti bellici, e se ne è ampiamente parlato anche in questi giorni, criticando aspramente le sfilate della settimana della moda a Milano.

Discorso complesso e ampio, di certo non si poteva fermare tutto: quelle sfilate rappresentano letteralmente “milioni di dollari e innumerevoli posti di lavoro” come ci ricorda Miranda Priestley.

Ma è anche vero che esagerare nell’abbigliamento di chi siede nel pubblico, esagerare con i party, far finta di nulla dentro e fuori dai social è stato fuori luogo. Si poteva fare meglio? Sicuramente si, vedi Giorgio Armani che ha sfilato in silenzio. Non a caso viene chiamato Re Giorgio.

Forse adattare il tono di voce sarebbe stato un adeguato compromesso, ma è solo la mia opinione.

Tornando a noi, adesso vi racconto come la guerra ha, di fatto e negli anni, cambiato il modo di vestire delle donne adeguandolo alle nuove esigenze.

Parleremo di donne perché gli uomini, beh, erano in divisa al fronte.

Prima Guerra Mondiale

La moda cambiò radicalmente e molto velocemente durante questo conflitto. Venivamo da una moda opulenta, ottocentesca e sfarzosa, ricca e scomoda. Ed il ruolo della donna era relegato alla casa, alla cura e alla rappresentanza. Esclusivamente.

Con l’inizio del conflitto, e la partenza degli uomini per il fronte, le donne si sono ritrovate a dover ricoprire i ruoli maschili lasciati da mariti, padri e fratelli. Sono diventate lavoratrici. Hanno acquisito un ruolo nuovo nella società, diventando attive di fatto lavorando per mantenere la famiglia.

Vennero chiamate ad essere conducenti di autobus, metropolitane e ambulanze, come poliziotte, negli uffici e nelle fabbriche, soprattutto quelle che producevano munizioni.

Quindi gli abiti colorati, i tessuti pregiati e le forme scomode non erano più adatti ai nuovi ruoli che richiedevano le circostanze.

Fecero quindi la comparsa negli armadi tessuti più comodi, più robusti e sobri, e le linee si semplificarono parecchio.

Il jersey diventa protagonista

Il jersey era ritenuto il tessuto più morbido e comodo con il quale realizzare gli abiti in queste circostanze. Inizialmente considerato un materiale povero e utilizzato soprattutto per l’abbigliamento maschile sportivo, si prestò alla perfezione al delicato momento storico. Era comodo, facile da indossare e lavare, e adattabile.

Assieme a questo materiale si iniziò ad utilizzare anche lana e cotone, tessutipiù economici e resistenti. E con lavorazioni regolari e semplici, prevalentemente in tinta unita. Materiali sobri per adeguarsi al periodo storico, facili da portare, lavare e resistenti. E poi ci si doveva accontentare di quello che c’era a causa della scarsità di materie prime

Cambiano le forme

All’inizio del conflitto le donne di ogni classe sociale indossavano delle lunghegonneampie e vaporose. Con il proseguire del conflitto gli strati di tessuto diminuirono drasticamente e il volume delle gonne si alleggerì per liberare i movimenti. Erano in poche a potersi ancora permettere di indossare delle belle long skirt, e di solito erano le signore benestanti che non dovevano lavorare e avevano una cameriera che aiutava nella vestizione.

Quelle che non potevano scelsero presto di indossare delle tunichemonocolori, poco femminili ma molto pratiche.

Le gonne si accorciarono al polpaccio, per consentire un’andatura più veloce.

Via i tagli troppo aderenti o le maniche a sbuffo, giacche e camicette venivano tagliate in linee più semplici e morbide. In questo modo si lasciavano più liberi i movimenti del busto e delle braccia.

Venne abbandonato anche il corsetto steccato. Era un complemento che strizzava la vita, raddrizzava la schiena e faceva risaltare il décolleté. Esteticamente piacevole. Una tortura da indossare. Decisamente poco pratico e molto scomodo. Lasciò il posto ad una versione più sottile e comoda, e poi, grazie al francese Paul Poiret nacque il primo reggiseno.

Spesso le donne indossavano anche pantaloni e completi, i primi esempi di quello che oggi viene definito stile androgeno. Ma che allora era semplicemente una questione di praticità.

Infine arrivò anche per le signore il tailleur militare, ispirato alle divise dell’esercito, divenne l’uniforme ufficiale delle donne durante la prima Guerra Mondiale. La praticità di questi completi era indiscussa e perfetta per assolvere i vari compiti, in casa e a lavoro.

Cappelli e accessori

Sempre inseguendo la nuova esigenza di praticità, le donne abbandonarono le acconciature importanti e voluminose, arricchite da piume e cappelli. Gli accessori divennero più piccoli, a cominciare dai cappelli, praticamente mignon. Molte accorciarono i capelli, arrivando addirittura a rasarli completamente. Tanto che nel 1915 l’azienda Gillette mise in commercio la prima confezione di rasoi femminili.

Invece le scarpe, che un tempo erano coperte dalle lunghe gonne, assunsero un ruolo fondamentale. I modelli più utilizzati erano gli stivaletti di pelle con tacco medio, più basso di come veniva portato in precedenza, e le calzature stringate ricche di cinturini e fibbie.

La nuova haute couture di Coco Chanel

A questo punto le donne, che prima del conflitto erano relegate in casa, avevano avuto la possibilità di sperimentare e di pensare liberamente. Assunsero un ruolo fondamentale negli anni della guerra. Ed essendo molto attive nel settore tessile, si svilupparono alcune idee fashion che portarono alla creazione di nuovi capi di abbigliamento e accessori. La protagonista di questo momento innovativo è Coco Chanel. Quando la prima Guerra Mondiale ebbe termine il suo stile divenne il simbolo della nuova haute couture, fatta di abitini corti e colorati ma soprattutto pratici. E fatti per una donna lavoratrice.

Mentre, a causa proprio di questo generale cambiamento, tramontarono parecchi atelier famosi della Belle époque.

Quando la guerra ebbe termine, lo stile però cambiò di colpo nuovamente.

tutto finito quindi?

Assolutamente no. Le donne sentivano comunque il bisogno di ritrovare la femminilità messa da parte durante il lungo conflitto. Puntarono quindi su vestiti più chic, ricchi di perline e frangette, elementi tipici della moda anni ’20 delle flapper girls. Ma non abbandonarono la praticità e le nuove linee più comode.

E soprattutto avevano capito che potevano contare molto di più nella società, prendendo un posto al sole. E necessitavano di un nuovo codice di abbigliamento con cui affrontare il mondo.

Bene, abbiamo analizzato gli effetti della Prima Guerra Mondiale, mi fermo qui, ho messo parecchia carne al fuoco!

Pesto però vi racconto anche della seconda. Il tema è dolceamaro, lo so bene, ma trovo che sia comunque un modo intelligente per capire come la moda rispecchi i periodi storici. E come venga influenzata da quello che accade nel mondo.

Ci permette di capire come siamo arrivati a metterci addosso quello che effettivamente indossiamo oggi, e ci aiuta non abbatterci.

In fondo, la rivoluzione nell’abbigliamento femminile è proprio iniziata con una guerra, che ha “costretto” le donne a indossare cose più comode, abbandonando corsetti e sottogonne gonfie.

Spero di non avervi annoiato, vi saluto e ci vediamo al prossimo post!

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