Che cosa ho addosso se mi metto il velluto?

Ben tornati sul mio blog, come state?

Parliamo di un tessuto invernale, unisex, lussuoso e tipico del periodo natalizio, il velluto.

Pronti? Andiamo!

Definizione

Il velluto è un tessuto che presenta sulla faccia del dritto un fitto pelo (velluto unito o tagliato) o una serie di minuscoli anelli di filo (velluto riccio).

Si realizza a telaio con filati molto sottili usando due orditi, uno dei quali per la base (ordito grosso) ed uno per il pelo (ordito di pelo), e una sola trama.

Velluti si chiamano in genere tutti i tessuti doppi che presentano una superficie di fitto pelo perpendicolare alla stoffa, lisci, compatti e brillanti. Però sono da considerarsi falsi velluti quelli ad armatura semplice, il cui pelo vellutato deriva da operazioni di:

  • follatura,
  • garzatura,
  • cimatura,
  • spazzolatura come ad esempio il beaver, il velour e le varietà di fustagno.

I veri velluti sono tessuti composti da un tessuto di fondo e da fili supplementari di ordito che poi vengono tagliati, formando il corto pelo. Un altro modo per ottenere i velluti è quello detto “a pezza doppia” con un ordito comune ad entrambe, poi tagliato a metà.

Etimologia

Il nome deriva dal latino vellus, vello, ad indicare la caratteristica di una copertura come di pelo, di lunghezza e tipo variabile.

Storia

Le prime tracce di questo materiale si perdono in un luogo indefinito lungo la leggendaria “via della seta”, probabilmente nella regione del Kashmir, incastonata tra India, Pakistan e Cina. Da qui, grazie allo spirito affaristico dei mercanti arabi, è giunto in Europa e in particolare in Italia.

Sembra che i primi velluti europeisiano stati lavorati, a imitazione di quelli orientali, a Palermo e a Venezia. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che Palermo era una città legata all’importazione araba. Venezia invece era in continuo contatto con l’Oriente.

Con l’insurrezione dei Vespri, molti tessitori andarono a ripararsi nelle repubbliche di Amalfi e Lucca, facendo proliferare non lì solo la produzione, ma anche l’interesse verso questo tessuto. Talmente tanti che, poco dopo, si diffuse anche a Siena, Pisa, Genova e Firenze da cui, nei primi decenni del Quattrocento, veniva esportato in diversi Paesi d’Europa.

Più tardi questa tradizione è passata nelle mani dei Fiamminghi e i velluti di Bruges sono giunti nel XVI secolo ad avere una reputazione pari a quelli delle grandi città italiane.

la moda dell’epoca

Durante il XIV secolo, e anche nel XV, la tipologia di velluto che andava per la maggiore era quello decorato a inferriate gotiche, le cosiddette ferronneries. Questo particolare disegno rivelava il fondo di raso, o viceversa presentava il fondo di tela e l’ornato in velluto.

Genova, nel frattempo, era diventata la casa dei velluti cesellati le cui decorazioni erano animate da alberi, uccelli e altri animali sul modello orientale. E non solo: spesso e volentieri, nei capi risalenti a quell’epoca, compaiono anche fiori stilizzati e disegni architettonici, oltre al melograno e al cardo. Però è nel Rinascimento che questo tessuto, già estremamente decorativo, inizia il suo viaggio verso l’opulenza grazie alla ricchezza di broccati d’oro e d’argento.

Questa stoffa così preziosa era, ovviamente, apprezzata dai nobili di tutte le epoche successive alla sua introduzione. Pensate che Riccardo II d’Inghilterra stabilì nel 1399 che nessun altro tessuto avrebbe toccato la sua pelle e che in esso sarebbe stato seppellito.

Non solo, ha ispirato illustri artisti, tra cui il più celebre rimane Tiziano, che nei suoi ritratti ne ha fatto ampio uso. E il legame fra il velluto e arte è molto forte.

La storia dell’arte ci racconta quanto il velluto sia stato apprezzato dalla classe nobile dell’epoca. A testimonianza sono giunti a noi numerosi dipinti e opere, come gli affreschi del Ghirlandaio o quelli del Palazzo di Schifanoia a Ferrara. Confermo, è la mia città e li ho visto in diretta!

Ritratti raffiguranti dame e cavalieri della Corte sforzesca dimostrano quanto fosse ampio l’utilizzo del velluto e, grazie ai dipinti al limite della fotografia di artisti del calibro di Antonello da Messina e del Bronzino, è possibile risalire alla raffinatezza delle decorazione.

il resto del mondo

Al di fuori dell’Italia fu la Francia a farla da padrone nonostante fossero sempre operai italiani a fabbricare il tessuto.

Il regno di Luigi XIV e di Luigi XV poterono godere dell’importante contributo che il Revel, artista discepolo del pittore Lebrun, diede alla produzione. A lui spettò l’incarico di dirigere la decorazione delle stoffe a Lione. E dove ricorse nella maggior parte dei casi a disegni floreali e sfarzosi.

Il velluto, in questo caso, era caratterizzato da una grande ricchezza di colori inclusi fili d’oro e d’argento.

Ciò nonostante la Francia abbia avuto un importante ruolo nella storia di questo ordito, si può dire che fino al XVIII secolo fu l’Italia a rifornire tutta l’Europa per quanto concerne gli abiti, ma anche per le tappezzerie, le bardature per i cavalli e per le coperture del mobilio.

A partire dal XIX, tuttavia, la produzione nella Penisola subì un declino fino a quando, in seguito alla ripresa in Liguria, nel 1866 il duca Visconti di Modrone fondò la prima fabbrica di velluto a coste.

Nel fashion il velluto torna recentemente al centro dell’attenzione del pubblico nel 1996, quando Gwyneth Paltrow indossa alla serata degli MTV Music Awards un tuxedo in velluto carminio disegnato da Tom Ford per Gucci.

Grande ritorno del velluto anche in arredamento per il tocco particolarmente elegante, sensuale e accogliente che solo il velluto sa dare agli interni.

I più gettonati sono i velluti in tinta unita in fibra naturale, la seta prima di tutto, ma anche cotone, lino e lana che ben si adattano sia agli ambienti più classici che a quelli di design.

Composizione

Tradizionalmente la fibra scelta era la seta, che rendeva il velluto particolarmente lucido e morbido al tatto, ma anche prezioso e delicato (spesso era addirittura arricchito con lamine d’oro o d’argento). E ovviamente uno status simbol, infatti lo usavano ricchi, cariche di potere e clero.

In seguito è stato introdotto l’utilizzo del cotone, del lino, della lana e del mohair, che hanno reso il tessuto meno lussuoso, ma più resistente. Il velluto infatti ha una fama di estrema delicatezza, nel senso che si “ammacca”, e quindi rovina, velocemente.

Recentemente sono stati inoltre sviluppati velluti sintetici (soprattutto in poliestere, acetato, nylon e viscosa).

Oggi si produce soprattutto in cotone o in fibre sintetiche.

Utilizzi

Naturalmente l’utilizzo primario è nell’abbigliamento, sia nella moda maschile che femminile. É molto elegante e perfetto per grandi occasioni e cerimonie, mentre quello a coste assume un connotato sportivo e casual.

Si produce tutto, giacche e cappotti, pantaloni, abiti e gonne. Ma anche accessori, come borse, sciarpe e scarpe.

Il velluto viene impiegato anche in edilizia come rivestimento murale per interni, come tappezzeria, (anche per l’industria automobilistica) e per passamaneria. Vi sono numerosi altri impieghi, alcuni dei quali protettivi come l’uso per rivestimento di custodie (ad esempio per posateria in argento e per strumenti dell’ottica e della musica).

Tipologie

  • Velluto riccio: gli elementi del fondo (trama e ordito grosso) si incrociano con un’armatura semplice, dopo tre battute si alza l’ordito di pelo, si inserisce una sottile bacchetta tonda di metallo (ferro) che tiene sollevati tutti i fili di pelo (quarta trama), le battute successive bloccano l’ordito di pelo intorno alla bacchetta così che dopo averla sfilata rimangono degli anelli di filo che sporgono dal fondo.
  • Velluto tagliato o unito: a differenza del velluto riccio in quello unito l’anello che viene formato dall’ordito di pelo viene bloccato nello stesso passo e successivamente tagliato in alto con una lama (trevette), il ferro per questo lavoro ha sezione ogivale con una scanalatura nella parte superiore per lo scorrimento della lama (l’operazione è detta cimatura). Nei telai industriali è realizzato come un tessuto doppio (due strisce di tessuto una sopra e una sottostante collegate dall’ordito di pelo, quando questo viene tagliato dalla lama il tessuto doppio si divide in due e viene arrotolato su due tubi diversi).
  • Velluto operato: abbiamo varie tipologie, il velluto a coste (o corduroy), il mirovelluto, il velluto elasticizzato, la ciniglia, il millerighe, il velour, il velveton, il devorè, il froissè, il jaquard. Il velluto detto a giardino, con fiori a diversi colori, detto anche velluto di Genova perché veniva prodotto da fabbriche genovesi nel Seicento e nel Settecento. Quello allucciolato ha una trama aggiunta di fili d’oro che forma motivi caratteristici, serpeggianti. Il velluto alto e basso ha una superficie di due diverse altezze; mentre il velluto broccato ha la superficie rasa, a forte rilievo; il velluto riccio è una variante del soprarizzo in cui tutti gli anelli superiori non vengono tagliati. Il soprarizzo o velluto a broccato d’oro, o velluto cesellato, gloria della tessitura veneziana del Settecento, è un velluto sul cui pelo si alzano anelli d’oro.

Sostenibilità

La sostenibilità è legata al tipo di fibra con cui si tesse. In fibre naturali, cotone, lana, lino e seta, è sicuramente più sostenibile che in poliestere. O da misti, incluso l’elastan. Dipende anche da come viene colorata la fibra.

Non è sempre vegano, ma se ha composizione in poliestere, cotone o lino potete stare tranquilli.

Perché vestirsi con il velluto?

Il velluto è un tessuto molto luminoso e fine, ma allo stesso tempo caldo e morbido, oltre che dall’aspetto pregiato. È perfetto per l’abbigliamento da sera, di pregio, per le cerimonie invernali e nel periodo di Natale è quasi d’obbligo.

Molto resistente se in cotone e a coste, in fatti si usa molto anche per l’abbigliamento da lavoro all’aperto.

Bene, siamo giunti alla fine, e sapete una cosa? A me piace tanto, lo indosso a coste volentieri mentre liscio lo trovo molto elegante ma impegnativo e lo riservo alle occasioni importanti. Ed essendo un po’ delicato, preferisco le coste nel quotidiano.

Bene, spero che questo approfondimento vi sia piaciuto e vi sia stato utile, vi lascio e vi do appuntamento al prossimo articolo.

Ci vediamo qui sul blog!

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